Il campione svedese Björn Borg è tornato a far parlare di se a seguito dell’uscita della sua autobiografia ‘Battiti’ (‘Heartbeats’). A tal proposito il quotidiano ‘Marca’ ha intercettato l’undici volte campione Slam per parlare proprio del libro in questione. Un’opera in cui lo svedese si è messo a nudo raccontando il suo prematuro addio al tennis, le sue fragilità, l’abuso di sostanze e la partita più importante della sua vita, quella contro il cancro. A proposito della genesi dell’autobiografia Borg ha raccontato che, “negli anni Novanta avevo ricevuto proposte da case editrici inglesi e americane. Non ero pronto. Continuavano a insistere, ma la mia idea non cambiava. A mia moglie Patricia piace molto leggere e anche scrivere. Quando scriveva qualcosa me lo mostrava sempre per avere il mio parere. È stato allora che, una sera a cena, tre anni fa, le proposi l’idea che dovesse essere lei a scrivere la mia autobiografia. Il giorno dopo mi disse che era pronta. Nessuno mi conosce meglio di lei. Stiamo insieme da 25 anni. Tutto è iniziato così”. Una vita quella del 69enne ex tennista sempre in bilico tra la gloria e il baratro, tra certezze e fragilità. Poi all’apice della sua carriera la decisione di smettere. A 26 anni e dopo 66 titoli, di cui 11 Major. Era il 1983. “Non avevo nemmeno 26 anni, ma avevo perso la motivazione. Non è che me ne penta, perché avevo bisogno di essere completamente a posto mentalmente per continuare, e non lo ero. Ciò di cui mi pento è di aver abbandonato il tennis. È stata una decisione stupida perché avevo molti amici. Molte volte mi sono chiesto perché l’ho fatto. Ho scelto un’altra vita invece di mantenere quella che già avevo, e di questo sì che mi pento”. Una decisione presa per ritrovare se stesso prima di tutto. Ma poi il tennis lo ha richiamato a se, come uno dei suoi figli più illustri. “Dovevo ritrovare me stesso dopo essere entrato nel mondo della droga. E posso dire di aver avuto la stessa forza mentale che avevo da giocatore. Nessuno mi aiutò tranne i miei genitori. Tornai momentaneamente in campo a Montecarlo e non perché volessi tornare, ma perché volevo vivere e avere una vita”. Oggi quel ragazzo è diventato uomo, una persona diversa rispetto al fanciullo dai bei capelli biondi. Una persona che ha attraversato diverse fasi della sua vita, lottando anche contro l’avversario più difficile: il cancro. “Nel settembre del 2023 dovevo viaggiare a Vancouver per la Laver Cup come capitano del team europeo. Il mio medico me lo proibì perché gli esami erano andati male. Io avevo una responsabilità e andai comunque in Canada. Tornato a Stoccolma, andai direttamente in ospedale. Stavo così male che non mi restò altra scelta che operarmi nel febbraio dell’anno successivo. Ora sto bene, ma devo fare controlli perché le cellule tumorali possono sempre tornare”. Non si può parlare di Borg senza menzionare John McEnroe, il s